Alessia Belluomini – Impossibile fermarsi

Chi sei, lontano da casa?

Quando mi viene chiesto perchè mi sono trasferita in Belgio rispondo sempre con il dire la cosa più ovvia: Bruxelles era la naturale conseguenza al mio percorso di studi, il posto dove avrei potuto lavorare nel mio campo di specializzazione, ossia politiche e legislazione europea. Ma c’è ben altro. Da quando ero ragazzina ho iniziato a provare un’irrefrenabile voglia di partire. Ho sempre sofferto la provincia, ma ma la facevo andar bene. Invece sentivo che fuori, da qualche parte c’era il posto dove avrei potuto germogliare. Quel posto l’ho trovato a Bruxelles e me ne sono resa conto appena ci misi piede nel settembre 2015, sebbene fossi partita con una borsa Erasmus e la prospettiva di un tirocinio di soli tre mesi. E’ stata ‘chimica’: ho sentito dall’inizio che era il mio posto e che lì – e non altrove – mi sarei potuta sentire realizzata. Se Viareggio è la casa in cui sono nata e cresciuta, Bruxelles è la casa che mi sono scelta e costruita.

Quando parti, cosa metti in valigia per te stesso?

Ogni volta che parto ho i miei rituali: qualche ora prima del volo faccio un salto in spiaggia a respirare l’aria salmastrosa. Nella mia valigia metto un ultimo ricordo visuale e olfattivo del mio mare, che per me rappresenta più di ogni altra cosa ‘casa’, le mie origini. Una volta salita sull’aereo mi cerco un posto al finestrino e quando decolla mi metto a guardare i miei posti da lassù; forse, con un pizzico di boria e orgoglio, mi scappa un sorriso perchè penso che la mia terra sia uno dei posti più belli al mondo. Ma provo anche una gran soddisfazione e un forte senso di libertà a lasciarmi certi paesaggi alle spalle. So che rimangono lì, non si muovono. Ma io si. E li apprezzerò ancor di più al prossimo ritorno.

Ti è mai capitato di perdere la bussola (lontano da casa)?

Assolutamente sì. Ho sempre vissuto la mia esperienza di vita all’estero come un progetto, forse perchè ho preso questa decisione ‘tardi’ rispetto all’età standard in cui si decide di ‘lasciare il proprio nido’. E come ogni progetto, ci sono stati dei momenti di stallo in cui mi sono chiesta se non fosse il caso di chiudere tutto. Ma non mi piace mollare; ho preso tempo e poi come spesso succede la ruota ha ripreso a girare. Qualche anno dopo mi sono resa conto che avevo macinato talmente tanto strada dietro di me che mi sono sentita persa, spaesata. E’ stato strano ma col senno di poi penso che avessi perso la direzione.

In quei momenti (quando hai perso la bussola) che cosa avrebbe potuto esserti d’aiuto?

Di solito nei miei momenti di crisi la mia scelta è quella di fermarmi, tornare per qualche tempo a casa e staccare la spina. Tuttavia non sempre questo è possibile. Allora ho deciso di ricontattare il mio psicoterapeuta. Posso dire che parlare su Skype con lui mi è stato molto di aiuto, direi fondamentale.

In che cosa si assomigliano viaggio e psicologia?

Forse dirò una banalità ma fare psicoterapia è un viaggio alla scoperta di se stessi. A volte avventuroso, tortuoso fatto di momenti indesiderati e non troppo piacevoli; molte altre sa essere stimolante e riappacificante. D’altro canto il viaggio si distingue dalla semplice ‘vacanza’ proprio perché è un’esperienza. Vai attraverso qualcosa, la vivi al punto che ti entra dentro e non sai come ne esci. Credo che ognuno di noi quando esce fuori dalla propria comfort zone e si butti in una nuova avventura, che sia un nuovo lavoro o un trasferimento lontano da casa, intraprenda un viaggio interiore che lo porta a mettersi allo specchio in una svariata serie di situazioni nuove, e lì finalmente si sente libero di rispondere. Solo che al posto dello psicoterapeuta c’è la vita a porti di fronte a domande, scelte più o meno scomode.

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